LA STORIA di Angelo Scapin, soprannominato ‘Bepi Scapin el Formaiar da Villafranca” ci porta indietro nel tempo aiutandoci a comprendere la professione del venditore ambulante di formaggio.
1901: nasce Angelo Scapini detto “BEPI SCAPIN”, da una famiglia di contadini che conducono una campagna a Cerea, in provincia di Verona. È il secondo di sei fratelli.
‘Scapin’ è un abbreviazione-soprannome di stampo veneto, che ricorre sia nella memoria di amici e parenti, sia in quella dei tanti affezionati clienti veronesi.
Oggi è l’azienda a portarne orgogliosamente il nome Scapin 1935.
1929: si sposa con Teresa Elda Vesentin. Hanno la prima figlia, Carla.
1930: Angelo si trasferisce con la sua famiglia a Villafranca, qui conduce un fondo a mezzadria; la vita procede intensa, faticosa, ma felice. Arriva la secondogenita, Iones.
1932-1935: nascono Amedo – 1932 – Bianca – 1934 – ed Erminio – 1936.
Già dal 1935 si sentono gli effetti della grande crisi: patrimoni ingenti cambiano di mano, famiglie di possidenti perdono tutto e diversi contadini tra cui Angelo, si ritrovano senza lavoro.
Consapevole di avere sulle spalle bocche da sfamare, non si perde d’animo e si rimbocca le maniche.
Investe gli ultimi soldi per comprare una vecchia bicicletta e del formaggio buono, ci attaccata una cassetta di legno e si inventa un nuovo mestiere: “el Formaiar”/il formaggiaio. Acquista pezzi di formaggio dai grossisti di Villafranca per venderlo nelle corti casa per casa, muovendosi sulla sua bicicletta.
Lavora l’intera settimana, in zone diverse: il lunedì Caluri-Sommacampagna-Caselle, il martedì Raldon ed il Pozzo, il mercoledì Tomba e Tombetta, il giovedì Borgo Roma, il venerdì e il sabato San Giovanni Lupatoto e la domenica al mercato di Dossobuono.
1939: il periodo Breaking Bad. scoppia la Seconda Guerra Mondiale e Angelo è chiamato al fronte. Qualche mese dopo, per età e perché padre di famiglia numerosa, viene rimandato a casa, ma si ritrova senza lavoro.
Tutti i generi alimentari durante la guerra vengono razionati e distribuiti solo dietro la presentazione delle tessere che venivano timbrate ad ogni prelievo e gli ambulanti come Angelo spariscono perché da vendere purtroppo non c’è più niente.
Angelo si ingegna, di giorno fa il “raccoglitore” di “strase, osi e fero vecio” (rivenditore di stracci e ferraglia).
Qualcosa però in segreto la rivende: la saccarina, surrogato dell’allora introvabile zucchero.
A quei tempi si rischiava la galera, ma Angelo in qualche modo deve sfamare la famiglia; quindi, a notte fonda esce di casa e quando rientra con i grossi blocchi di saccarina, sveglia moglie e figli. Ognuno di loro ha un compito: i più grandi con dei pestelli riducono la saccarina in piccoli granelli, i più piccoli fanno le dosi con i misurini e poi la inseriscono in apposite bustine stampate che sigillano con la colla di farina.
Finalmente la guerra finisce ed Angelo può ritornare sulla retta via, al suo tanto amato lavoro del “formaiar”.
I figli crescono aiutandolo nel lavoro e imparando a comprare bene e vendere meglio, oltreché l’arte del pesare la merce con una bilancia formata da un piatto collegato con delle catenelle ad un’asta graduata sulla quale si fa scorrere il contrappeso mentre il tutto è tenuto sollevato con una mano.
Dagli anni ‘50 l’economia è in ripresa e anche per Angelo la vita si rinnova: la bicicletta è sostituita con un’ape – un motocarro – che lo velocizza negli spostamenti e gli consente di avere più spazio: oltre al burro ed il formaggio, ora vende olio, caffè, salami, dadi, scatolame… tutto insomma.
E dopo l’ape arriva la Topolino…
E nel frattempo, i figli prendono la loro strada, si sposano, fanno famiglia, e Amedeo ed Erminio si mettono in proprio.
Con Angelo rimarrà l’ultimogenita, Giuseppina.
Fare ‘el Formaiar’ è stata una vita dura.
Si faticava a trovare zone nuove e nuove clienti, perché si doveva, prima di tutto, vincerne la diffidenza.
Provenire dalla Villafranca “de ‘na olta”/di una volta, voleva dire non scoraggiarsi ed essere pronti a tutto, saldi nei valori della famiglia e del lavoro. Gli stessi valori che attraverso le generazioni governano ancora e con lo stesso vigore i due figli di Erminio, Nicola e Umberto; questi ultimi, con esperienza e responsabilità verso la famiglia, i dipendenti e l’azienda – la Scapin 1935 – hanno fatto proprio il marchio che conferma lo ‘Scapin’ del nonno.